Via Tacito

Niente come tornare in un luogo rimasto immutato ci fa scoprire quanto siamo cambiati

Nelson Mandela

 

 

Roma è una città caotica, con distanze enormi che, a volte, sembrano incolmabili ma, basta fermarsi un attimo per riempire gli occhi di una bellezza senza pari e si riesce a perdonarle tutto, traffico compreso.

Non mi capita spesso di tornare in Via Tacito dove ho abitato di ritorno dalla Tunisia, dai 9 ai 13 anni, ma, quando mi capita, mi sembra di ritornare “a casa”.

Mi è successo recentemente.

A settembre inoltrato ho partecipato ad un progetto fotografico, l’”Isp Experience”, finalizzato alla produzione di una rivista fotografica “CITIES” dedicato alla street photography. Nell’ambito di questo progetto ho avuto occasione di andare a fare delle fotografie nella zona S. Pietro/Castel Sant’Angelo e, scendendo alla fermata della metro Lepanto, è stato naturale per me passare per Via Tacito.

Molte cose sono rimaste immutate, come se il tempo, tanto tempo, non fosse passato. Come la farmacia all’angolo del palazzo dove ho abitato una vita fa, con le stesse vetrine, le stesse insegne. Ricordo che da bambina ci andavo spesso perché aveva in vetrina una serie di topolini di gomma che mi piacevano tanto e che compravo con i risparmi della mia paghetta. Ero riuscita ad avere una collezione di un certo riguardo che, con tutti i traslochi della mia vita, chissà dove sono andati a finire. Li ho cercati in vetrina ma non ci sono più, oggi ci sono tanti giochi della Chicco.

Non c’è più, invece, la grande cartoleria “F.lli Lamacchia”, dove andavo a comprare i quaderni ma, soprattutto, degli opuscoli per le mie ricerche scolastiche. Ai tempi della mia scuola elementare, che nostalgia!, non esistevano connessioni internet, non esistevano i telefonini e non avevamo neanche i computer e le ricerche le facevamo sulle enciclopedie dalle quali, poi facevamo il riassunto scritto a mano sui quaderni e quegli opuscoli sugli argomenti disparati erano preziosi perché avevano un inserto con le immagini da poter ritagliare che mi consentivano di poterle incollare sul quaderno. Oggi tutto ciò non esiste più. Le enciclopedie sono state sostituite dalla rete internet ed i giovani oggi non sanno più il significato di una ricerca, molto più facile scaricare ciò che è “già pronto” in rete, senza neanche prendersi la briga di andare a leggere “ciò che si è scritto”.

Anni fa la cartoleria era stata sostituita da un negozio di giocattoli, ma oggi non esiste neanche più quello e ci sono “lavori in corso” … chissà cosa diventerà.

Proseguendo il percorso è stato naturale fermarmi al civico 23, il portone di casa mia!, si perché per me, anche se ci ho abitato solo per pochi anni, quello rimane sempre nel mio cuore il portone di casa mia. Non è cambiato, è sempre uguale a come me lo ricordavo. E qui la nostalgia ha preso il sopravvento.

La scala di casa mia è in fondo a sinistra. Non ho avuto il coraggio di entrare per andare a vedere se c’era ancora il vecchio ascensore ma ho voluto immaginarlo ancora lì, incurante degli anni passati.

Sono rimasta sul marciapiede ad osservare il portone e poi il mio sguardo è salito fino all’ultimo piano: casa mia! Le prime tre finestre su Via Tacito, salone, camera da pranzo e la camera che dividevo con mio fratello, abbastanza grande che proseguiva con un’altra finestra su Via Plinio, girando l’angolo. Su Via Plinio ho contato le altre finestre cercando di ricordare la disposizione della casa, la camera mia e di mio fratello, la camera dei miei genitori, una camera di servizio, il bagno e la cucina.

Quanti ricordi sono riaffiorati nella mia mente!

Non c’erano balconi in quella casa ed io, tornando dalla Tunisia, dove eravamo vissuti 4 anni in una villa con giardino, mi sono dovuta adattare. Eravamo all’ultimo piano e, con l’arrivo della bella stagione, con le finestre spalancate da cui entrava tanta luce, mi accorgevo che arrivava la primavera dal garrire delle prime rondini che volavano nel cielo. Ecco, il garrire delle rondini, come la madeleine di Proust mi riporta alla mente quel periodo della mia vita.

Poi riaffiorano gli altri ricordi, i giochi d’infanzia, soprattutto. Ricordo le ore trascorse nella mia grande stanza a giocare con i mattoncini Lego con i miei cugini. Costruivamo intere città che occupavano quasi tutto il pavimento, altro che playstation! Usavamo la fantasia per creare nuove case, nuove città partendo da semplici mattoncini!

Com’è tutto cambiato! … ma no … qualcosa è rimasto immutato … la pizzeria San Marco, sotto le finestre di casa mia, per  esempio!

Le insegne sono esattamente come le ricordavo e alcuni anni fa, forse tanti, ho visto lo stesso pizzaiolo, sempre allo stesso posto, come se il tempo si fosse fermato. Oggi non ho potuto dare uno sguardo all’interno perché, data l’ora, non era ancora aperta.

Sul marciapiede di fronte c’era, invece una pizzeria al taglio “da Gianni” rimasta immutata anche lei persino nell’insegna fino a qualche anno fa ma ora è cambiata gestione, del resto sono passati quasi 47 anni da quando non abito più lì … eppure … il mio cuore è sempre lì.

Proseguendo il percorso verso Castel Sant’Angelo, dove andavo a giocare con altri bambini del quartiere nei suoi giardini, l’emozione più grande è stata quando ho incontrato, arrivata all’altezza di Via Cassiodoro, il palazzo della mia scuola elementare l’“Umberto I”. Non ho resistito e mi sono avvicinata al cancello d’ingresso sul cortile dove facevamo, ogni anno, la foto di classe. Le conservo ancora quelle foto dal sapore di altri tempi, classi non miste e noi bambine eravamo tutte con il grembiulino bianco ed un grande fiocco blu mentre le classi dei maschietti erano con il grembiulino blu ed il fiocco bianco. Vedendo quelle foto ho la sensazione dell’ordine, della disciplina, che oggi manca.

Sulla destra i pochi gradini d’ingresso alla scuola con la grande vetrata che ricordo faceva da sfondo ad alcune foto di classe.

Immersa nei miei pensieri e presa dalla nostalgia non mi sono resa conto del tempo che passava e, per essere puntuale all’appuntamento con gli altri fotografi, ho dovuto abbandonare la mia curiosità e proseguire per Castel Sant’Angelo continuando a meditare su quanto il tempo mi abbia cambiata.

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