Dacia Maraini – La nave per Kobe

Dacia Maraini, ormai adulta, riceve in dono dal padre i diari tenuti dalla madre Topazia nel periodo trascorso in Giappone dal 1938 fino all’inasprirsi del secondo conflitto mondiale.

Sappiamo dalla sua biografia che ha trascorso in Giappone i primissimi anni della sua infanzia perchè il padre Fosco, antropologo, in disaccordo con suo padre in merito alle leggi raziali del 1938, decise di trasferirsi in Giappone accettando una borsa di studio che avrebbe portato la famiglia, all’epoca composta oltre che da lui, dalla moglie Topazia, pittrice, e dalla piccolissima Dacia di appena un anno lontanissimi da casa in una terra con tradizioni ed usanze completamente diverse.

La carta geografica disegnata dalla madre Topazia

La scoperta di questi diari, con tanto di carta geografica disegnata dalla madre con l’itinerario del lunghissimo viaggio in nave che li ha portati dall’Italia in Giappone, con tutte le tappe, ha il potere di commuoverla perché

Il passato ha la capacità di saltarti addosso a tradimento attraverso una fotografia, una lettera. Ti racconta di un tempo che non c’è più e che pure si fa vivo ai tuoi occhi con una vivacità e una corposità assolutamente insospettata.

Riaffiorano così tanti ricordi che sembravano sopiti e nascosti in un angolo remoto della memoria raccontati magistralmente nel libro “La nave per Kobe” che ripercorre i diari giapponesi della madre.

Si tratta dei primissimi anni di vita della scrittrice, che non ha tardato ad integrarsi nella cultura giapponese, la cui iniziazione è avvenuta attraverso i racconti della balia, ma che non sono stati sempre felici perché si è dovuta misurare con il dolore, fin da subito.

Nel libro è particolarmente tenera la sua paura di vedere invecchiare la madre.

Quello che allora mi provocava dolore, e ancora oggi lo fomenta, è invece la perdita della giovinezza di mia madre … La giovinezza di mia madre mi è quasi più cara della mia ..

Questa paura era stata innescata dai racconti della sua bambinaia che le spiegava che

dovevo dormire perché dormendo mi sarei allungata. Ma poi aggiungeva, non senza una punta di malignità, che allungandomi avrei fatto invecchiare mia madre … i miei piedi di bambina si sarebbero fatti grandi, robusti e avrebbero spinto a piccoli colpi gentili il corpo di mia madre verso la vecchiaia.

Da qui nascono riflessioni di come gli atteggiamenti degli adulti e le loro storie possano influire sulla psiche e sul comportamento degli ex bambini, diventati ormai adulti. La soluzione di non dormire per evitare di far invecchiare la madre è forse la causa dell’insonnia sempre sofferta anche da adulta. Affascinante questa analisi del proprio vissuto per comprendere il proprio essere al presente.

L’impressione che si ha leggendo questo libro è quella di sfogliare un vecchissimo album di fotografie in bianco e nero. C’è tanto di personale e nostalgico tra queste righe ma narrato senza scadere mai nel mellifluo. La bellezza del romanzo sta tutta nella capacità della Maraini di trascendere dalle vicende familiari per parlare di vita, di senso di protezione materno, di amore tra sorelle, di legami, di cambiamenti, di interazione tra mondi differenti. È un viaggio nel passato per riassaporare la dolcezza di una infanzia vissuta nell’affetto e piena di stimoli; stimoli che hanno contribuito a fare di lei la donna che è oggi.

Libro consigliato.

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