Il treno dei bambini – Viola Ardone

Amerigo Speranza è un bambino di quasi 8 anni che vive da solo con la madre Antonietta, una donna dura, segnata dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza, nella miseria del meridione dell’immediato dopoguerra. Per lui non ci sono baci, abbracci, e neanche scarpe nuove. Il suo piede si deve adattare alle scarpe portate da altri, strette, scomode che simboleggiano il suo cammino doloroso.

Siamo nel 1946 e Amerigo è costretto ad abbandonare la sua terra, i suoi amici, il suo ambiente per trovare conforto in una adozione temporanea presso una famiglia del Nord Italia nell’ambito di un’iniziativa patrocinata dal Partito Comunista denominata “So-li-da-rie-tà” volta a strappare dalla fame e dall’indigenza migliaia di bambini e offrire loro un futuro migliore. 

Si allestiscono dei treni per portare questi bambini al Nord, treni occupati interamente da bambini. Sono treni di speranza, ben diversi da quelli che pochi anni prima avevano deportato generazioni di ebrei verso i campi di concentramento.

Amerigo non comprende le ragioni di questo viaggio e affronta questa esperienza controvoglia e con un po’ di timore ma

Non tutto si può scegliere, alcune scelte sono obbligate, te le fanno fare gli altri.

L’esperienza al Nord, a Modena, si rivela inaspettatamente piacevole: riscopre, o scopre per la prima volta, l’affetto “di un padre”

È la prima volta che mi abbraccia un papà

lui che un padre non l’ha mai conosciuto. E scopre la normalità: una stanza tutta per sé in una casa normale, pasti regolari, scarpe nuove e comode, vestiti nuovi e caldi, la scuola e una vita normale in una famiglia che lo accoglie come un figlio. Gli viene restituita un’infanzia negata dalla miseria e dalla sofferenza. Ma 

l’accoglienza, la solidarietà, ha anche un sapore amaro, 

perché ricevere non significa solo prendere, ma rinunciare.

Essere messi su un treno a 7 anni, essere accolti come figli in una famiglia che non è la propria, conoscere un nuovo modo di vivere, tutto questo ha un prezzo: lo sradicamento, la sofferenza di sentirsi “spezzati in due”.

Ho avuto molto, ma il prezzo l’ho pagato per intero, ho rinunciato a tanto

Ma se fosse rimasto a casa, nel suo ambiente, il suo destino sarebbe stato di povertà, sofferenza e fame. Antonietta non ci ha pensato su due volte quando ha accompagnato il figlio al treno che lo avrebbe portato verso il suo destino.

Al Nord, nella famiglia adottiva, Amerigo ritrova la serenità, riprenderà gli studi interrotti e inizierà a coltivare la passione per la musica ma non dimenticherà mai sua madre e sarà il desiderio di rivederla che attenuerà la tristezza di lasciare la famiglia del Nord per riprendere il treno per il Sud dopo circa un anno. 

Quì non è cambiato nulla e quella vita di stenti, che pensava scomparsa per sempre, si riaffaccia prepotente. Anche la madre gli sembra diventata ostile quando decide di vendere il violino, simbolo della vita rinnovata, che gli era stato regalato dalla famiglia di accoglienza, per acquistare cibo, indispensabile alla sopravvivenza di entrambi. Questo episodio innesca un ripudio per la madre che lo segnerà per tutta la vita. Anche le scarpe nuove sono diventate strette perché, nel frattempo, il piede è cresciuto. La situazione diventa ben presto insostenibile al punto tale che Amerigo decide di fuggire per ritornare dai suoi genitori adottivi, definitivamente.

L’ultima parte del libro è dedicata ad Amerigo adulto che si è affermato nella vita, non gli manca nulla ma le scarpe gli danno sempre fastidio, il suo piede non riesce ad adattarsi. 

Sono passati quasi cinquant’anni, e lui ritorna a Napoli alla notizia della morte della madre e intraprende un viaggio a ritroso nel tempo per capire chi è davvero, chi era e chi sarà e, alla fine, ritrovata una pace interiore, si riconcilia con il passato, con la madre e comprende che

A volte ti ama di più chi ti lascia andare che chi ti trattiene.

Ora le scarpe non gli fanno più male, un calzolaio gliele ha rimesse “in forma”. Ora, ritrovata la serenità, può affrontare il futuro con serenità.

C’è molto tempo davanti a me, ma non ho fretta, il viaggio più lungo l’ho già fatto: ho dovuto percorrere a ritroso tutta la strada fino a te, mamma.

Questo libro di Viola Ardone racconta una delle pagine più belle, e forse poco conosciute, della storia del nostro Paese in cui gli italiani si riscoprono solidali, uniti, generosi nel dare sostegno ai meno fortunati. 

Una lettura che non delude le aspettative. Consigliatissima.

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