La leggenda delle “Panas”

Una leggenda inquietante, diffusa nella Sardegna del secolo scorso, è quella delle cosiddette “panas”: gli spiriti di donne morte di parto. Questa leggenda dimostra quanto fosse diffusa la morte a causa del parto.

Si narra che quando una donna moriva nel dare alla luce un figlio, essendo il decesso avvenuto in un periodo considerato “impuro”, la sventurata era condannata a un periodo di espiazione che variava dai due ai sette anni. Come per una maledizione era destinata a diventare Pana o lavandaia e costretta, per penitenza, a vagare ogni notte alla ricerca di un ruscello o un lavatoio per lavare i propri panni del parto macchiati di sangue e quelli del neonato. A questo scopo gli spiriti di queste donne tornavano temporaneamente fra i mortali con le stesse sembianze che avevano da vive e potevano essere scorte in determinate ore durante la notte lungo i ruscelli mentre lavavano i panni dei loro bambini cantando una triste ninna nanna. La condanna implicava anche l’assoluto divieto di parlare o di interrompere il lavoro. Disturbarle era quindi considerato un sacrilegio perché l’interruzione avrebbe implicato il prolungamento del supplizio per altri sette anni.

Se venivano interrotte da qualcuno mentre erano intente al loro lavoro, le Panas potevano diventare incredibilmente vendicative e la vendetta variava dalla maledizione di fare la loro stessa fine a spruzzare acqua addosso a chi l’aveva interrotta, acqua che, però, bruciava come il fuoco. Per questo motivo le donne sarde non si recavano mai a lavare i panni al ruscello durante la notte e se qualche giovane donna aveva delle macchie sul viso veniva additata come disturbatrice delle Panas.

C’era però un antidoto a questa condizione. Era credenza diffusa che, per scongiurare il pericolo che la puerpera diventasse una Pana dopo la morte, fosse sufficiente mettere nella bara un ago con il filo senza nodo, un pezzo di tela, un paio di forbici, un pettine e un ciuffo di capelli del marito per mantenerla occupata a cucire il corredo per il bambino.

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